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Le ultime ore di Mario Biondo, la serie Netflix indaga sul “suicidio” del cameraman

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Le ultime ore di Mario Biondo è una delle serie true crime attualmente in streaming su Netflix e, nell’arco di tre episodi, prova a far luce su ciò che accadde al cameraman palermitano, sposato con una celebre conduttrice televisiva spagnola. Biondo, 30 anni, nel 2012 fu trovato morto, impiccato con una sciarpa ad una libreria della sua abitazione a Madrid. Le indagini sul presunto suicidio del giovane uomo però, evidenziano retroscena scottanti e delle strane incongruenze. Inoltre, il ruolo della famiglia del cameraman, così come quello di sua moglie, appaiono tuttora controversi.

Come spiega la serie Netflix, una produzione spagnola diretta da Maria Pulido, la morte di Biondo presenta almeno tre elementi controversi. Si cerca di far luce soprattutto sulle ultime ricerche online di Mario, che riguardavano le proprie condizioni di salute (Biondo era dipendente dalla cocaina) ma – forse – anche il passato di sua moglie, Raquel Sanchez-Silva, conduttrice e personaggio televisivo molto famoso in Spagna, un po’ come Barbara D’Urso in Italia. Nello specifico, si parla di un presunto video a luci rosse e di un foglio di carta con un link scritto a penna da Mario, nascosto sotto la tastiera del PC e sottratto dalla stessa Raquel alla madre del cameraman, che lo aveva trovato.

L’atteggiamento di Raquel poi, è oggetto di illazioni: la conduttrice si dimostra sin dall’inizio troppo “fredda” rispetto alle circostanze, e il fatto che venti giorni dopo la morte di Mario decida di andarsene in vacanza a Formentera, non fa che alimentare i dubbi nei suoi confronti. L’anno successivo alla scomparsa del marito, Sanchez-Silva ha iniziato una relazione con un altro uomo, il produttore Matias Dumont, dal quale ha avuto due figli, nel 2015. In tutto questo tempo, la conduttrice ha evitato accuratamente di parlare del marito morto.

La famiglia di Mario Biondo, al contrario, si propone di trovare la verità a tutti i costi, arrivando anche a fare scelte discutibili, che vengono esposte nel documentario. In una scena la madre di Biondo, Santina, fa visita (non programmata) alla madre di Raquel e le viene chiusa la porta in faccia. Il contributo dei Biondo però viene ridimensionato dalla stessa Santina, la quale ha spiegato che il documentario è “di parte” e che le sue dichiarazioni sono state editate in modo da screditarli. La signora si riferisce proprio alla parte in cui racconta di aver trovato quel foglio sotto la tastiera di Mario, sostenendo che nelle sue dichiarazioni rilasciate a Netflix ci fossero ulteriori dettagli. “Mario è stato dipinto come un depravato e noi, i suoi familiari, come dei pazzi” spiega la donna, la quale ha scoperto (solo in tempi successivi), che il documentario sarebbe prodotto dalla stessa società di cui è titolare il manager di Raquel.

Per di più, gli esiti sull’autopsia – fatta più volte – sono contrastanti. Le autopsie fatte in Spagna stabilirono che si trattò di un suicidio, mentre l’esame autoptico in Italia ha avuto altri esiti. Anche la posizione in cui è stato trovato il corpo di Mario Biondo, è oggetto di discussione, come si vede nella serie, con la signora Santina che arrivò a ricostruire le dinamiche del presunto suicidio per dimostrare che era stato orchestrato da altre persone.

Oltre ai familiari di Biondo (nello specifico, i genitori e i due fratelli del ragazzo) nel documentario offrono le loro testimonianze alle telecamere di Netflix, anche altri personaggi, coinvolti in modi diversi nella storia. Altri ancora invece, offrono delucidazioni su alcuni aspetti dell’indagine, e tra questi spiccano la criminologa Roberta Bruzzone e la giornalista Selvaggia Lucarelli.

Del caso di Mario Biondo si sono occupati anche programmi televisivi come Le Iene e Chi l’ha visto? ma il documentario di Maria Pulido offre uno sguardo a 360 gradi sul caso del cameraman morto a Madrid.

Fonte: https://cinemaserietv.it/