La donna che visse due volte

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Recensione ‘La donna che visse due volte’

La donna che visse due volte è il miglior film di sempre. No, non è un giudizio nostro, ma è il frutto di un sondaggio fatto nel 2012 da Sight and Sound per conto del British Film Institute. Ha superato un primato che è stato per 50 anni, dal 1962, di Orson Welles con il suo Quarto Potere.

Ovviamente, in queste classifiche c’è sempre qualcosa (oseremo dire molto) di soggettivo. Ma, al di là di ciò, comunque, ‘La donna che visse due volte’ è uno dei tanti film di Alfred Hitchcock che hanno fatto la storia del cinema mondiale.

Così come per Psyco, è stato tratto da un romanzo. È un film molto introspettivo, che fa vedere una cosa ma vuol significare tutt’altro.

Qual è la trama della Donna che visse due volte?

La trama racconta di un ex ispettore il quale dovrà pedinare la moglie di un ex compagno di università. Ma gli intrighi, le sorprese, sono dietro l’angolo. Non vogliamo soffermarci troppo sulla trama, ma ci piace raccontare più il significato che si cela dietro questo film. Una pellicola che ti fa pensare, che parla del disagio delle persone, degli uomini, anche della vertigine (chiarissima la scena finale). Vertigine non solo intesa come quella che si può intendere comunemente. Ma altro. La capacità di cadere, di essere circolare. Di amare alla follia solo chi non c’è più. 

Ed è, forse, proprio questo il punto. A uno sguardo più attento, Hitchcock vuole portarci a riflettere proprio sul sentimento più nobile dell’uomo. L’amore, appunto. Ma non in maniera smielata, ma a modo suo. 

La vita è una sorta di inganno: ognuno recita una parte per stare bene in questa società. Noi spesso non amiamo l’altro ma l’idea che ci siamo fatti di lui. Un film che fa riflettere. Dopo la visione, infatti, pone tanti interrogativi. Tra ossessioni e ricordi di chi non c’è più, alla vita terrena che va vissuta. Vivere due volte, appunto. Come la donna di cui si parla nel titolo.